|DOOM| - Recensione

Come negli anni '90... o quasi!

Videogiochi

19 Febbraio 2019


Avere 14 anni nel 1993 e lanciare per la prima volta un gioco come Doom su MsDos è qualcosa che ragazzi e giocatori di oggi non possono oggettivamente capire: forse perché quelli erano tempi in cui non c’erano anticipazioni di sorta e l’effetto “wow” era più genuino, forse perché di giochi (veri) ce ne erano pochi o forse perché il salto tecnologico era molto più alto di quello a cui siamo abituati oggi. Quali che siano le ragioni di un tale impatto culturale nella più ridotta community di videogiocatori di allora è indubbio che Id software abbia voluto giocare sull’effetto nostalgia con questo reboot, strizzando l’occhio a chi quegli anni li ha vissuti e cogliendo l’occasione per attrarre nuove leve con un po’ di sano ammodernamento. Ne è venuto fuori qualcosa di positivo? In gran parte sì, ma non di memorabile, vediamo perché.

Siamo il marine giusto nel posto sbagliato in un futuro su Marte che appare poco roseo dopo l’apertura (accidentale?) di un canale di comunicazione con l’inferno da cui fuoriescono centinaia di demoni: ucciderne il più possibile con sommo godimento, trovare il modo per chiudere il portale con infernale viaggio turistico annesso e fare ritorno a casa da leggenda è tutto quello che dobbiamo sapere. Id software si è guardata bene dall’approfondire troppo la sceneggiatura di questo reboot offrendoci, nonostante il buon numero di approfondimenti sparsi sul percorso di gioco ad accontentare i palati più esigenti, uno storytelling ridotto all’essenziale (“come la storia in un film porno” cit).

Questo nuovo Doom rimane dunque ancorato al proprio dna di fps adrenalinico, brutale, frenetico e senza troppi giri di parole salta a piè pari la timida sperimentazione fatta dalla serie nel 2004 con Doom3, tornando prepotentemente alle origini: appena lanciata la campagna infatti volano (letteralmente) le mani in una manciata di secondi, in un velocissimo e tamarrissimo prologo come non se ne vedevano da un po’ ed all’apparire del logo Doom sullo schermo ammetto di essermi sentito a casa.

L’esperienza di gioco è interamente incentrata sul combattimento e disporremo di un arsenale classico che ricalca fedelmente quello originale ed i cui potenziamenti e personalizzazioni extra rappresentano la prima delle novità di un combat system old school da sogno. Ogni arma puó essere potenziata nella direzione che più ci aggrada ed adattata a diversi schemi di gioco a seconda del numero e delle capacitá dei nostri avversari, del grado di sfida e della conformazione dei livelli. La motosega si rivela essere l’arma più potente fornendo instant kills ravvicinate con tonnellate di extra rilasciati ad ogni uccisione, ma è attivabile solo a determinate condizioni quali il livello di carburante e le caratteristiche dell’avversario che ci troviamo davanti. Disporremo ancora del mitico BFG9000, qui leggermente ridimensionato, ma ancora in grado di fare la differenza negli scontri piú impegnativi e di un vasto assortimento di pistole, lanciarazzi, armi futuristiche e dell’immancabile doppietta. Sono inoltre presenti modificatori classici come il danno aumentato ed il god mode a darci una mano dato che la stamina cala ad una velocità impressionante e l’unico modo per restare in vita è uccidere e raccogliere quanto gli avversari lasciano sul campo in una frenesia continua da vichingo berserker.

Un aggiornamento corposo, ma l’innovazione più importante è rappresentata dalle tanto discusse fatalities: un preciso indicatore visivo ci permetterá infatti di finire in maniera brutale i nostri avversarsi cosí come facevamo in Mortal Kombat di Aklaim. Tutto risulta perfettamente integrato nell’azione ed il ritmo di gioco non ne risente affatto anzi, considerando gli extra di salute ed ammo derivanti, questa nuova meccanica si rivelerà cruciale negli scontri piú frenetici.

Eccolo qua il fulcro della nuova “Doom esperienza”: il giocatore é disincentivato a qualsivoglia approccio troppo tattico o ragionato ed é costretto a correre, arrampicarsi, saltare addosso ai nemici come un predator in una frenesia che rappresenta di fatto l’unico modo per restare vivi. Funziona, a patto di giocare a difficoltà elevata ed a non avere esitazioni nel buttarsi nella mischia dato che, una volta deciso come approcciare uno scontro e raccolto col giusto tempismo quanto vi è di utile sulla mappa, fermarsi vuol dire morire.

Combat system a parte è difficile trovare ulteriore profondità in altri aspetti del gameplay che non vadano oltre il cercare una chiave di accesso, ma infondo non se ne sente la mancanza: sono qua e là presenti dei sotto livelli in cui portare a termine delle (superflue) sfide a tempo e qualche fase platform nella parte centrale che va a valorizzare un level design eccellentemente sviluppato sulla verticale e che offre varietà di azione ed esplorazione gratificata da collezionabili e potenziamenti vari, ma nulla di più.

Graficamente il titolo è da urlo, soprattutto per la (necessaria) fluidità dell’Id Tech engine: tutto si muove vicino ai 60 fps al secondo anche su PC non particolarmente recenti ed è un gioia per gli occhi con la sua incredibile ricchezza di dettagli ad alta risoluzione. Il level design non fa altro che enfatizzare l’eccellente caratterizzazione degli ambienti di gioco alternando passaggi in cuniculi strettissimi ad ampie aperture sugli esterni, ma mancano livelli realmente memorabili. Mi aspettavo maggiore ispirazione soprattutto nelle aree infernali dove la sensazione a lungo andare è quella di passare da un’arena all’altra piú che di esplorare un mondo vivo e realistico e se consideriamo la giá citata pochezza della trama, il senso di progressione risulta molto ridotto e basato unicamente sul grado di sfida dei combattimenti. Nulla da dire invece sul character design: ogni avversario del titolo originale è stato aggiornato in modo egregio e risulta perfettamente caratterizzato, per non parlare del Doom marine ormai elevato a stato di vera e propria icona.

La componente audio affonda le radici in un’ industrial metal pesantemente contaminato dall’elettronica a tratti un po’ ripetitivo e privo di tracce realmente memorabili, fatta eccezione per quelle ispirate all’originale del ’93, ma sufficientemente ispirato e funzionale al titolo. Gli effetti sonori sono di alto livello soprattutto per quello che riguarda le armi, ma risultano un po’ poveri nella resa ambientale sacrificando quasi del tutto le atmosfere horror a favore dell’action puro.

In conclusione, se l’obiettivo di Id Software era di tornare alle origini con un corposo ed imprescindibile aggiornamento tecnico, Doom ne esce indubbiamente promosso: i fans dei primi due capitoli troveranno pane per i loro denti e sensazioni da tempo dimenticate, valorizzate da un ammodernamento del combat system intelligente, affatto scontato ed estremamente frenetico. Luce verde anche per chi approccia Doom solo da questo reboot, grazie ad un gameplay divertente e fuori dall’ordinario, ma a patto di viverlo come tale e senza quelle aspettative di profondità a cui gli ultimi 15 anni di fps ci hanno abituati. Basta questo, unito ad un comparto tecnico ed artistico di eccellenza, per fare di questo nuovo Doom un capolavoro? No, nè per gli uni nè per gli altri: giocatelo, divertitevi (tanto!), ma non stupitevi di archiviarlo una volta finito come una bella, bellissima, rimpatriata fra compagni di scuola. Ed il multiplayer? Buone idee di fondo, ma lasciate perdere e, finita l’esperienza in single, non perdetevi quella fantastica opera d’arte che sono i titoli di coda.


VOTO 80/100